Ieri, sabato 4 aprile, i Dolphins avrebbero dovuto giocare a Parma contro i Panthers. E invece niente. Tutto fermo e rinviato a data da destinarsi. Lo sport intero. Trequarti delle attività nel mondo. Non solo il football americano in Italia. Il Covid-19 ha obbligato tutti a restare a casa e sospendere le rispettive attività.
Ma i GLS Dolphins Ancona ci sono ancora. Tra mille problemi e difficoltà. Con l’attività sportiva completamente ferma e rinviata a data da destinarsi. Ma non quella organizzativa.
Tanti gli eventi che erano in programma e che sono stati annullati. Senza contare le operazioni un po’ complesse per il rimpatrio all’ultimo dei tre americani.
Di questo ed altro parliamo con il direttore tecnico ed head coach della prima squadra Roberto Rotelli.
Coach buongiorno anzitutto. Come sta procedendo la vita in questo periodo di emergenza:
«Penso come a tutti. Si va avanti e si lavora da casa, rispettando le regole imposte dal Governo».
Iniziamo a parlare di football?
«Ok. Ed è inutile nascondersi o alimentare false speranze. La stagione della prima squadra è ad un passo dalla cancellazione della sua attività agonistica per il 2020».
Non ci sono chance?
«Occorre essere realisti dicevo. Le settimane passano ed i divieti vengono estesi nel tempo. Ed il tempo indietro non ce lo ridarà nessuno. Non vedo quando e come si potranno disputare i campionati senior».
E’ tutto finito?
«No. Ci mancherebbe solo. Andremo incontro a periodi molto difficili, quello è certo. Sarà già difficile tenere duro nei nostri lavori quotidiani, figuriamoci nello sport dilettantistico e nel football. Ma non molliamo e siamo già proiettati verso il futuro. E a tal proposito voglio sin da ora ringraziare gli sponsor che hanno ben capito le nostre difficoltà».
Sarebbe a dire?
«Sempre realisticamente, ritengo che se tutto andrà liscio il primo football che potrà essere giocato in Italia sarà quello delle giovanili, in autunno. Allenamenti con partenza agosto-settembre, come sempre. E’ lì che siamo proiettati noi Dolphins. Lo ritengo anche un segnale forte e ad ampio respiro. Ripartire dai giovani».
Ci sono già progetti?
«Prima di questo grande disastro stavamo definendo i dettagli del secondo Fins Up Camp. Contiamo di farlo ancora e riprendere da lì».
Molti progetti invece sono saltati
«Purtroppo sì. La Conero Cup contro il college di Washington & Jefferson, le finali dei giochi studenteschi provinciali e regionali di flag football. Tutti gli impegni scolastici per insegnare la disciplina del flag. Siamo molto dispiaciuti. Ma è superfluo anche dire che non è stata colpa di nessuno e contiamo di riprendere tutte queste attività per la prossima stagione scolastica».
I ragazzi della prima squadra come hanno reagito a questa situazione
«E’ gente molto cosciente. Ha capito a cosa si andava incontro ed ha accettato tutti i provvedimenti decisi dalle autorità uno ad uno. All’inizio certe norme restringenti sembravano assurde e prive di senso. All’ultimo allenamento abbiamo preso la temperatura a tutti. Poi è giunto il divieto di allenarsi. Del sindaco in primis, seguito poche ore dopo da quello del governo. Ci siamo adeguati. Giusto così».
Si tengono in forma i nostri ragazzi?
«Sì. Cercano di fare esercizi dentro casa. Chi lo ha usa il giardino. Non è facile ma ognuno fa quel che può».
Lei li tiene sempre carichi e motivati?
«I gruppi whatsapp e facebook sono una manna dal cielo in queste situazioni. Tra un meme per ridere ed una battuta il gruppo è unito e ci si scambiano consigli su come tenersi in forma e tante altre cose».
Abbiamo rimpatriato gli americani
«E’ stata una scelta loro, dopo essersi consultati con le rispettive famiglie. Tant’è che son ripartiti anche tardi rispetto ad altri americani di altre società. E qui, senza polemica, lasciatemi dire che forse un po’ di coordinamento in più per far tornare a casa tutti gli americani del football assieme non avrebbe guastato. Avrebbe aiutato le società come i ragazzi».
Noi volevamo tenerli?
«Portavamo loro da mangiare, fatto dalle mogli di dirigenti e giocatori vari. Il tutto nel pieno rispetto dei controlli e dei divieti, sia chiaro. Secondo molti di noi era meglio restassero qui visto a cosa sta andando incontro l’America, ma alla fine han deciso di ripartire anche per supportare le proprie famiglie, li capisco».
Non è stato facile.
«No tutt’altro».
Ci spieghi
«Abbiamo seguito le disposizioni del consolato ma non è stato comunque facile. Anche solo il reperire un taxi per portarli alla stazione è stata una faticata. Dalla stazione han preso il treno per Roma, dove han soggiornato una notte prima di ripartire con scalo diretto New York. Di lì i propri parenti li hanno riportati a casa».
Vi tenete in contatto con loro?
«Certo ci mancherebbe. Ci sentiamo costantemente come quando erano in Italia. Da loro tre (Nelson Hughes, Henry Poggi, Zac Quattrone, ndr) ripartiremo il prossimo anno se ve ne sarà la possibilità e se loro vorranno tornare. La società, dal Presidente Leonardo Lombardi a Paolo Belvederesi a tutti gli altri dirigenti ha fatto un ottimo lavoro logistico organizzativo. Da parte mia vanno solo che complimenti a loro».
Rik Parker invece è rimasto?
«Sì. Rik ha un contratto pluriennale con noi ed entrambe le parti intendono onorarlo. Inoltre Rik si trova benissimo in Italia e non intende lasciarla. Parla bene la lingua e sa capirla, va a fare la spesa da solo. E’ indipendente da tutti noi per intenderci. Inoltre il Wisconsin, suo stato di origine e residenza, è stato tra i primi a chiudere le cosiddette frontiere negli States».
Sta già pensando alla senior 2021?
«Certo. Ho voglia di allenare, di essere in sideline coi miei assistenti mentre diamo indicazioni ai nostri atleti. Ho voglia di vedere gli allenamenti tramutati in risultati sul campo. Quando posso studio, guardo filmati, mi attengo aggiornato. Ritorneremo».